venerdì 4 aprile 2008

FLESSIBILITA’ DEL LAVORO ED IMMIGRAZIONE

Riceviamo da Italia Sociale, settimanale politico informativo online e, volentieri, pubblichiamo, un interessante articolo sulla "flessibilità del lavoro ed immigrazione".

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Non passa giorno che sentiamo ossessivamente ripetere che il “mercato del lavoro”, tipica bestialità d’oggi, ha bisogno di sempre maggior flessibilità; vanno tolti lacci e lacciuoli di ogni tipo se vogliamo competere nell’era della globalizzazione, ma vengono opportunamente sottaciuti i costi umani di questa precarizzazione montante. I veri governi di centro sinistra e centro destra hanno operato in questi ultimi anni in Italia in modo trasversale per minare le basi di quelle garanzie sociali e contrattuali che ci ponevano fin dagli anni “30 all’avanguardia in Europa e nel Mondo.
Con la famigerata Legge Treu del 1997 iniziò proprio da sinistra l’attacco al “ lavoro stabile”, per concludersi poi con la Legge n.30 del 2003, meglio nota come Biagi, con il secondo governo Berlusconi. I risultati si possono vedere ogni giorno, con giovani e meno giovani che girovagano alla ricerca di un’impiego stabile che dia loro qualche prospettiva di futuro, su cui costruire il domani, una famiglia, una casa. Lo chiamarono all’inizio “lavoro interinale”, per poi tramutarlo in “ somministrazione di lavoro”, tanto la sostanza non è cambiata. Ora sono circa 7-8 milioni le persone che hanno un’occupazione flessibile con circa 3 milioni di doppio lavoristi, che corrispondo a 1 milione d’unità utilizzate a tempo pieno, per un totale di 10-11 milioni d’occupati in modo flessibile. Ma che significa esattamente “flessibilità”? La definizione più rispondente è quella indicante i lavori che “obbligano le persone ad adattare ripetutamente la propria vita alle esigenze variabili dell’organizzazione produttiva”, ”incidendo profondamente nella propria sfera personale e familiare”.
La flessibilità va poi divisa in due categorie: flessibilità dell’occupazione e flessibilità della prestazione. La prima va ricondotta alla possibilità che l’impresa ha di variare la forza lavoro utilizzata, e si realizza con la deregolamentazione delle norme sul licenziamento ed applicando nel minor modo possibile le norme del “diritto del lavoro”....

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